Al quarto giorno, osando alla fine un cortigiano di ricordare al tiranno che quei ribelli di cui facea carnificina fossero pur creature di Dio, Hâkem perdonò la vita ai superstiti che s'andavano ascondendo per la città; ma volle che sgomberassero da Cordova e luoghi vicini, con loro donne e figliuoli, portando seco la roba che potessero: ma le soldatesche, postesi ai passi nella campagna, li svaligiarono. Molti indi si rifuggivano a Toledo e altre città di Spagna; molti su le costiere d'Affrica; e più numero andò a cercar ventura in Oriente: rimase il borgo di Cordova desolato e disabitato per quattro secoli. Hâkem, come se non fosse ancor sazio, sfogò il resto della rabbia ch'avea in petto con dettare una satira contro i ribelli; esempio, credo unico, nella storia; poichè Giuliano l'apostata, al tempo antico scrisse il Misopogon contro i cittadini d'Antiochia, senza far torcer loro un capello; e più d'un principe pagano e cristiano si è vendicato con arsioni, macelli e saccheggi, senza sapere scriver satire. L'opinione pubblica, che gastiga tai misfatti com'ella può, non perdonò al re poeta. Il volgo chiamollo "Quel dal Borgo" e "L'Efferato" (Er-Rabâdhi ed Abu-'l-A'si). I cronisti a gara lo infamarono e maledissero; all'infuori d'un semplice o svergognato, che con gergo cortigianesco appose il tumulto del borgo a prosperità soverchia del popolo(241).
Il grosso degli sbanditi di Cordova (i cronisti lo fan sommare a quindicimila) si vede apparire d'un subito, otto anni dopo l'eccidio, in Alessandria d'Egitto; onde è da supporre che fosse stato respinto successivamente da più luoghi di Spagna e d'Affrica, ove cercava una patria; e che Hâkem, ovvero il figliuolo, Abd-er-Rahmân, il quale gli succedette (822), abbia fornito navi per allontanar dal reame gente sì indocile e sì ingiuriata.
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