Le ultime incursioni erano state aggravate da una crudele pestilenza. Già fino dal settecentodiciotto avea menato strage nell'armata del califo che assediava Costantinopoli(264). Proruppe indi in Affrica dal settecentoquarantaquattro al settecentocinquanta(265), e verso il medesimo tempo in Sicilia e Calabria, donde si credè che si appigliasse alla Grecia; e del settecentoquarantotto spopolò Costantinopoli e il Peloponneso(266), mentre non men fiera ardea tra il Tigri e l'Eufrate(267). Nei paesi cristiani commossi allora dalla lite delle immagini, non si potea far che cotesta calamità non le fosse apposta. E perchè gli Iconoclasti, distruggendo ogni altro obietto di culto, serbavan la sola croce, il volgo ortodosso la prese in uggia: vide apparire, su le vestimenta, le case e i tempii, crocette negre a migliaia, non più simbolo di riscatto, ma segno di pestilenza e marchio dell'ira divina(268).
Si rannoda infine alle scorrerie de' Musulmani nel bacino centrale del Mediterraneo un episodio di storia letteraria, di assai momento nella penuria di quella età. Narra una leggenda che tratta a Damasco una torma di prigioni cristiani delle isole, mentre altri era venduto, altri, non sappiamo perchè, serbato al patibolo, notavasi tra loro un bel giovane italiano per nome Cosimo, al quale i miseri compagni si gettavano ai piè, chiedendo li raccomandasse a Dio. I Barbari, che non comprendeano perchè tanto si onorasse un uomo di sì poca età e povero aspetto, maravigliati lo interrogavano dell'esser suo; ai quali rispondea, sè esser frate e dotto in filosofia cristiana ed antica: e in ciò dire gli si empiean gli occhi di lagrime.
| |
Costantinopoli Affrica Sicilia Calabria Grecia Costantinopoli Peloponneso Tigri Eufrate Iconoclasti Musulmani Mediterraneo Damasco Cosimo Dio Barbari
|