Spaventato, scrisse dunque a Carlomagno chiedendogli soccorso e forze da continuare il conquisto; lo scongiurò di mandargli immantinenti le milizie di Toscana, di Spoleto e gli stessi nefandissimi Beneventani(279) ancorchè tentennassero. Così Adriano fallì il colpo; e pure, stuzzicando i nemici, sforzò Carlomagno alla guerra ch'ei voleva accendere.
Le pratiche mosse di Sicilia intanto incalzavano. Un prete di Capua svelò al papa che Arigiso fosse stato per giurare fedeltà allo imperatore di Costantinopoli, e fin vestirsi e tosarsi alla greca, a condizione che gli si desse il titolo di patrizio e la investitura del Ducato di Napoli. La cosa andò tant'oltre che due spatarii dello imperatore veniano di Sicilia a ricevere il giuramento di Arigiso, quand'egli inaspettatamente si morì(280). Al quale succeduto il figliuolo Grimoaldo che avea appreso a corte di Carlomagno a simulare e aspettar tempo, si guastò la parte principale del disegno, la quale era fondata in su le forze dello Stato di Benevento. Grimoaldo, circondato di capitani e genti di Carlo e di spie del papa, fu necessitato a volgere le armi beneventane contro il proprio congiunto che veniva a liberarlo.
Perchè la fortuna tanto avea ancora arriso alla virtù di Adelchi, che spezzatasi la pratica di matrimonio tra lo imperatore Costantino e una figliuola di Carlomagno, e coincidendo il fatto di Terracina, la corte di Costantinopoli si lasciò trasportare da insolita collera. Spacciato in Ponente con soldati un Giovanni sacellario e logoteta, ch'erano ragguardevoli uficii d'azienda, e aggiuntevi le milizie di Sicilia capitanate dall'eunuco Teodoro, patrizio e stratego dell'isola, l'oste sbarcò in terraferma.
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