E veramente sappiamo che Giustiniano Secondo, per far cosa grata a papa Conone, gli rimetteva (686) "la famiglia" del patrimonio di Sicilia e di Calabria, ch'era tenuta in pegno per debiti verso il fisco(319); la qual famiglia non può significare altro che schiavi, poichè si staggiva come gli armenti, e poichè la legge fiscale permettea di prendere gli schiavi(320) ai debitori, e non pretendea nulla da' lor coloni(321).
Il tardo rivolgimento sociale che in dieci secoli avea fatto men disuguali le condizioni delle persone, mutò anche un poco la proporzione delle possessioni territoriali. Due movimenti contrarii operavano in ciò. Tendea l'uno ad agglomerare: e nascea dal decadimento generale; dalla menomata popolazione; dalla rovina dei proprietarii minori, che non potean durare le gravezze e molestie del fisco; dalla iniqua industria dei ricchi che si pigliavano i rottami di cotesti naufragi, dopo averli affrettato con le usure; dai lasciti alle chiese, che si moltiplicarono in Sicilia ai tempi di San Gregorio; e infine dall'avaro dispotismo, il quale aumentava a dismisura il patrimonio imperiale con le confiscazioni. All'incontro portavano a spicciolare le proprietà, la legge romana su le successioni, e l'utile pratica di dare in proprietà ai coloni le terre che coltivassero, e mutare il tributo personale in canone su la proprietà(322). L'azienda imperiale avea tentato lo stesso espediente con circostanze alquanto diverse infin dal quarto secolo, quando una parte del patrimonio di Sicilia e di Sardegna fu conceduta in enfiteusi a picciole porzioni insieme con gli schiavi(323), e poco appresso si accordò ai domini utili di quei poderi la franchigia dalle tasse straordinarie, come la godeano i beni tutti del patrimonio(324). Qual dei due movimenti prevalesse, sarebbe difficile a provare.
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