Risalendo dal popolo al governo, e lasciati da canto gli altri ordini subalterni, che poco montano(336) e non differivano da quei delle altre provincie, dirò solo dei corpi municipali, elemento di governo proprio del paese, conservato come inoffensivo e comodo strumento d'amministrazione, e sopravvissuto alla dominazione che sì lo spregiava. Le municipalità della Sicilia, avanzo delle repubbliche greche, nei primi tempi che seguirono il conquisto romano, ebbero condizioni disuguali secondo la importanza delle città e i rapporti che avean tenuto con Roma nelle precedenti guerre. Indi ne veggiamo tre maniere: confederate, immuni e vettigali; alle quali poi se ne aggiunse una quarta, che eran le colonie romane: e la differenza principale stava nella gravezza e nome dei tributi che fornivano a Roma. Viveano del resto un po' più o un po' meno largamente, secondo le proprie leggi, e sotto i proprii magistrati, che ritennero le antiche appellazioni, dove greche, di Proagori, Gerapoli, Anfipoli; dove latine, di Quinqueprimi, Decemprimi, e anche di Senati per antica o novella influenza di quel linguaggio. E dissi proprii magistrati, perchè li eleggeano i cittadini, que', s'intenda, delle famiglie privilegiate per ricchezza e antico soggiorno; il qual dritto di suffragio spesso diè luogo a contese e indi a provvedimenti del governo romano che modificava a poco a poco gli antichi statuti e li tirava a uniformità(337). La decadenza poi delle cittadi e l'accentramento della potestà politica, par che ragguagliassero al tutto la condizione dei municipii siciliani, e certamente mutilarono l'autorità loro.
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