Dopo Costantino, questa era già ristretta a una giurisdizione civile, forse non dissimile da quella de' conciliatori o giudici di pace dei tempi nostri(338), alle cure edilizie, e all'ingrato officio di scompartire tra i cittadini il peso delle tasse dirette, delle quali l'erario richiedeva, o per servirci della voce tecnica d'allora, indicea la somma ai municipii, e questi la suddivideano in quote personali secondo i catasti e con l'arbitrio che necessariamente v'entrò, sendo la contribuzione diretta non solo fondiaria ma anco testatica. La gravità del quale officio portò ad affidarlo non ai magistrati municipali propriamente detti, ma alla curia, come chiamossi, ch'era senza dubbio il corpo degli elettori alle cariche municipali(339): infelici privilegiati, disposti forse ad abusare il dritto loro a danno delle classi povere, ma condannati a pagar caro l'abuso. Perocchè, dovendo sopperire del proprio le quote che non si potessero riscuotere, furono oppressi da così fatto peso, tra la insaziabile avarizia del governo e la universale decadenza che facea abbandonare le terre. Indi, come ognun sa, i decurioni fuggivano il tristo onore; si facean soldati, preti, romiti; e il governo, mettendo tra parentesi quell'ardente e intollerante suo zelo religioso, li facea strappare dall'altare e dal chiostro, e ricondurre per forza a lor sedie curuli(340). Così la necessità del fisco portò a mantenere l'ordine fondamentale delle municipalità. Rinforzolle un altro provvedimento, nato sotto l'infausto regno di Valentino dai soprusi della burocrazia.
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Costantino Valentino
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