Or noi mal possiamo raffigurar nella mente quale tempesta abbia dovuto suscitare in Sicilia, in quella stagione di roghi e di miracoli, lo editto di Leone Isaurico contro le immagini (726). I Siciliani non dissimularono. Affrontaron dapprima la collera di Leone; la quale si sfogò, com'abbiam detto (733), con aggravare i tributi sopra di loro e sopra i Calabresi, che vivevano a un di presso nelle medesime condizioni. Affrontarono indi i supplizii di Costantino Copronimo; chè ci rimangono i nomi delle vittime più cospicue: un Antioco governatore di Sicilia, il quale si vede tra gli ortodossi indegnamente insultati e straziati (766) nell'ippodromo di Costantinopoli(354); e San Giacomo vescovo di Catania, fatto morir di fame e di sete (772) in quella persecuzione(355). Ai tempi di Michele il Balbo e di Teofilo, il sapiente Metodio da Siracusa fu lacerato a battiture; infrantegli le mascelle; sepolto per sette anni in un carcere sotterraneo con due masnadieri, un de' quali venuto a morte lasciarono putrefare accanto ai vivi il cadavere (821-836)(356). Giuseppe l'Innografo (820) andò relegato in Creta, e venti anni appresso, in fondo delle Paludi Meotidi(357). Del rimanente non nacque alcun tumulto nell'isola; poichè il numero dei soldati e delle fortezze vi s'aumentò in questo tempo(358), non tanto forse per la paura dei Musulmani, quanto degli ortodossi; e poichè i beni confiscati sopra costoro erano argomento da render più che mai leale e iconoclasta il presidio. Il popolo fremendo e sopportando, tirò innanzi più d'un secolo; finchè non piacque agli imperatori di ristorare le immagini: e l'impeto col quale e' festeggiò questo avvenimento(359), mostra che non fosse rattiepidita in Sicilia l'opinione cattolica.
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