Ma ben lo era ogni zelo per la chiesa di Roma. Si dissipò in silenzio senza lasciar vestigio, come prima gli imperatori(360) confiscarono il patrimonio papale in Sicilia (733), e condussero i vescovi dell'isola, senza far loro troppa forza, a spiccarsi dal primate ribelle, accettare la istituzione d'un arcivescovo, forse metropolitano, nell'isola, e ubbidire al patriarca di Costantinopoli(361). I quali provvedimenti, presi per vendetta, furono mantenuti per necessità, quando si compose una prima (780) e una seconda volta (842) la lite delle immagini. E veramente il papa occupava in Italia tanti territorii tolti direttamente o indirettamente all'impero bizantino, che a cento doppii compensavano i poderi confiscatigli in Sicilia e in Calabria. Oltre a ciò, cotesti poderi, dati senza dubbio ai soldati, non si potean ritogliere sol che si volesse. Molto meno potea la corte di Costantinopoli rendere ai papi la giurisdizione disciplinare su la Sicilia, cioè una salda catena da tirare il paese alla dominazione dei Franchi. Però i papi invano dissero ch'era mestieri di quelle entrate per accendere i moccolini a San Pietro, e invano ridomandarono la giurisdizione, finchè il conquisto degli Arabi tolse luogo a ogni querela(362).
Dal detto fin qui si vede che per due secoli non occorsero in Sicilia altre vicende che quelle d'una piazza di guerra, ove la popolazione fosse un nulla rispetto al presidio. Perciò anche la Sicilia servì di confino per casi di maestà; chè, oltre gli esempii d'un principe arabo relegatovi nel sesto secolo(363), e d'una principessa longobarda tenutavi in ostaggio nel secol seguente(364), sappiamo che Costantino Quinto imperatore, tramando di ripigliare lo Stato (790), avesse disegnato di farvi deportare Irene.
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