Sappiamo all'incontro che i legati, scusandosi degli atti ostili commessi sopra la Sicilia nello spazio di dieci anni, allegavano vicende interiori le quali convengono solamente alla dinastia edrisita(375). Aggiugneano non volersi rendere mallevadori delli Spagnuoli, i quali non ubbidiano a loro; ond'essi lasciavan libero a chiunque di combatterli, e volentieri anco avrebbero aiutato a scacciarli dalle terre cristiane. Gli ambasciatori stessi, mentre veniano in Sicilia sopra navi veneziane, imbattutisi in alquanti legni spagnuoli, aveano stigato i Veneziani ad arderli; e vantavansi di avervi messo le mani e' medesimi(376). Certo gli è dunque che gli Omeîadi di Spagna non entrarono nel patto col patrizio di Sicilia. Pare all'incontro che fosservi inclusi gli Edrisiti; e che ambasciatori loro fossero venuti insieme con quei di casa d'Aghlab.
Il patto portava tregua per dieci anni, scambio dei prigioni, e sicurtà ai mercatanti musulmani che potessero andare d'Affrica in Sicilia e soggiornarvi per loro negozii; e volendo tornarsi a casa, non fosse lecito di ritenerli. La quale sicurtà fu senza dubbio reciproca a pro dei Siciliani che mercatavano in Affrica. Il patrizio rese immantinenti i prigioni musulmani; manḍ un segretario Teopisto a ripigliare i cristiani, e procacciare la ratificazione del trattato: il quale in fatti fu promulgato solennemente nella Dieta dei notabili a Kairewân, come afferma uno scrittore arabo testimone oculare di quell'adunanza, dal quale sappiamo il capitolo commerciale testè ricordato(377). Gli altri particolari delle pratiche e ś delle scorrerie, si ritraggono da una epistola di papa Leone Terzo a Carlomagno, data l'undici novembre dell'ottocentotredici; importantissimo documento per più rispetti.
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