Dond'ei mi pare evidente che l'impostore del decimoquinto o decimosesto secolo abbia tradotto in arabico il nome volgare che sapea di quel sito; e aggiuntevi le fiamme del navilio musulmano, e le caldaie di rame da bollire i Selinuntini, abbia propinato la leggenda al Fazzello; il quale se la bevve, come quelle dei giganti primi abitatori della Sicilia, delle iscrizioni caldaiche di Palermo, e non poche altre, sacre e profane. Nč era colpa di sė diligente e nobile scrittore se, quand'ei visse, non si conoscea nč la paleontologia, nč l'anatomia comparata, sė che le ossa fossili d'elefanti e ippopotami pareano reliquie di Polifemo e di Nembrotte; se pochi o niuno in Europa distingueano i caratteri cufici; s'erano sepolti que' materiali storici in greco e in arabico, or sė accessibili a chiunque; e se la critica della storia non potea germogliare in Sicilia, sotto il giogo spagnuolo, tra i roghi del Santo Officio!
LIBRO SECONDO.
CAPITOLO I.
Fu aperta la Sicilia ai Musulmani da una rivolta militare, della quale si narra variamente l'origine(389).
Mettendo a rassegna i cronisti, e principiando dagli italiani, il pių antico č Giovanni diacono di Napoli, che visse nella seconda metā del nono secolo; quando passava tanta dimestichezza tra la colonia musulmana di Sicilia e la repubblica di Napoli. Costui compilō la cronica dei vescovi napoletani, cinquant'anni appresso il grande avvenimento che avea spiccato la Sicilia dall'Impero: donde, se i critici volentieri gli accordan fede nei fatti de' tempi suoi, gliene dobbiamo anche in questo(390). Raccontata la congiura di palagio che tolse al supplizio Michele il Balbo e lo promosse al trono (26 dicembre 820), il diacono di Napoli scrive come, immediatamente dopo la liberazione di Michele, i Siracusani, suscitati a ribellione da un Euthimio, uccidessero Gregora lor patrizio.
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