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      E forse fu in questo tempo, e favellando per beffa a qualche sciocco il quale si credea da piů di lui perchč piů forte gridava, che Ased si vantň della eccellenza dei suoi nomi proprii. "Io son Ased" disse (che significa lione), "e quale belva non cede al lione? Figliuol son io di Forât" (cosě pronunziavano la voce Eufrate), "nč altro fiume ha miglior acqua. L'avol mio appellossi Sinân" (ch'č de' nomi della lancia), "e questa č in vero fortissima tra le armi(423)." D'altronde, coteste millanterie erano in voga appo gli Arabi, e ve le manteneano le tradizioni poetiche di lor gente. E Ased, ancorchč d'origine straniera, n'era imbevuto, com'uom di lettere ed erudito ch'ei fu, anche meglio che giureconsulto, come pretende un biografo(424). Piů che la coltura e la dottrina, la storia dee notare in lui il gran pensiero di racchetare l'Affrica portando la guerra in Sicilia, e la forza d'ingegno e d'animo con che vinse tal partito, e lo mandň ad effetto ei medesimo, a prezzo della propria vita(425).
      Giunto Eufemio su la costiera d'Affrica, mandava incontanente a Ziadet-Allah in Kairewân a chiedere aiuti, e offrirgli la sovranitŕ della Sicilia(426); in questi termini: ch'ei medesimo tenesse l'isola con titolo e insegne d'imperatore, e ne pagasse tributo al principe aghlabita(427). L'uscito faceva assegnamento sugli avanzi dell'armata siciliana che lo seguitavano, e su i molti partigiani lasciati nell'isola; e fidavasi spezzare le armi del Palata con le armi affricane, e di coteste poi disfarsi con quante magagne gli offrisse il caso o l'ingegno suo.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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