CAPITOLO III.
S'era adunato al bando della guerra sacra il fior de' guerrieri musulmani dell'Affrica: Arabi, Berberi, soprattutto della tribų di Howâra(437), rifuggiti Spagnuoli e il giund, frequentissimo di Persiani del Khorassân(438); e tra tutti notavansi molti uomini di dottrina e di consiglio(439). Sommō lo esercito a settecento cavalli e diecimila fanti; il navilio a settanta o secondo altri cento barche, senza noverarvi l'armatetta d'Eufemio(440). Sciolsero dal porto di Susa(441) il quindici di rebi' primo dell'anno dugentododici dell'egira(442), che torna al tredici giugno ottocentoventisette; e drizzandosi alla pių vicina punta della Sicilia, posero a terra le prime navi, il sedici giugno, a Mazara, ov'Eufemio avea partigiani, o volle schivare il Lilibeo come cittā assai munita. Ased, fatti sbarcare immantinente i cavalli, soprastette tre dė, attendendo forse il rimanente delle navi; nč fu sturbato, se non che capitō una torma di cavalli degli aderenti di Eufemio; i quali il cadi fece pigliare e rilasciolli poichč li ebbe conosciuto(443). Pur non fidandosi di Eufemio, quando fu ora di venire alle mani, chiamatolo a sč, gli dicea breve: non aver mestieri di ausiliarii; si mettesse in disparte con le sue genti; ma pigliassero una divisa per distinguersi da' nemici, perchč i Musulmani per errore non li offendessero. E cosė furono costretti a fare. Un ramoscello di pianta salvatica, messo per fregio all'elmetto(444), notō cotesti sventurati che non avean pių amici nč patria, nč altra bandiera che della privata vendetta: messi per primo supplizio a guardare con la braccia incrocicchiate il successo della battaglia.
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