Non li temete, o Musulmani!" E sparve il campo di mezzo: e Ased trovossi avvolto il primo tra gli squadroni nemici. N'uscģ tutto intriso del sangue che gli scorrea per l'asta della lancia, lungo il braccio e infino all'ascella, afferma il narratore maravigliato dalla fierezza del vecchio cadi(450). Di quella degli altri, ch'era virtł comune tra gli Arabi, non ne fa motto alcun dei cronisti; e descrivono questa giornata, come cento e cento altre, tutti con una diceria: che aspra fu la mischia; che Dio dissipņ i nemici; che grandissima preda fecero i Musulmani, di cavalli, ricchezze, bagaglio; che menarono strage degli Infedeli. Il Palata rifuggissi a Castrogiovanni, ove, non tenendosi sicuro, passņ in Calabria, e fu morto(451). Donde si vede che la sconfitta, com'avviene sempre quando il popolo diffidi dei governanti, produsse incontanente nuove turbolenze tra le soldatesche e nelle cittą: ma nulla v'approdņ la parte d'Eufemio, che si era infamata chiamando i Musulmani.
Il vincitore intanto tirava a dirittura vźr la capitale. Lasciato presidio a Mazara sotto un Abu-Zeki della tribł di Kināna, e occupate varie altre castella che assicurassero la linea d'operazione dell'esercito, Ased ratto percorse la strada romana della costiera meridionale, com'ei pare, fino alla foce del Salso o poc'oltre; donde poi pigliņ la via dei monti che mena a Siracusa per Biscari, Chiaramonte e Palazzolo, l'antica Acri(452). Quanti Siciliani non perdettero l'animo al primo disastro, avean raccolto ad Acri, credo io(453), le poche armi che rimaneano nell'isola; e speravano, tra la fortezza del luogo e l'astuzia, intrattenere l'esercito musulmano, tanto che si munisse Siracusa.
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