Nella nuova religione la rôcca di Ducezio s'affidava alla protezione di Sant'Agrippina, martire romana, le cui ossa trafugate da pie donne, recate in Mineo, onorate di tempio e di culto, si teneano come palladio della città. Pertanto una leggenda greca, del decimo o undecimo secolo, favoleggiò che montati di notte i Barbari su per le mura di Mineo, appariva da quelle Santa Agrippina levando in alto una croce e mandava giù a precipizio gli assalitori, che un solo non ne campò(477). In tal mito si ristrinsero le vicende della guerra succedute in un anno, secondo le cronache arabiche. Sappiam da queste come i disperati Maomettani, a capo di tre dì, si insignorissero di Mineo(478), ove par si fosse dileguata da loro l'epidemia, com'avvien sovente per mutar di luogo. Rinfrancati, mandavano uno stuolo su la costiera meridionale; il quale espugnò Girgenti, città molto decaduta sotto la dominazione romana e bizantina. Indi intrapresero più importante fazione. Lasciato presidio a Mineo, si spinsero nel cuor dell'isola, sotto le formidabili rupi di Castrogiovanni. Questa è l'antica Enna, il cui nome par che già corresse mutato e guasto nella lingua del volgo. In fatti il Beladori, cronista arabo del medesimo secolo nono, lo scrivea Kasr-Iânna(479) che è trascrizione di Castrum Ennæ, pronunziata Ienna; appunto com'or si direbbe in Sicilia, soprattutto a Messina, ove la schiatta greca di Sicilia lasciò più profonde radici. Allargata poi dagli Arabi la prima sillaba, prevalse nell'isola la forma di Iânna; e con l'andar del tempo, massime nel duodecimo secolo, quando sopraggiunse nuov'onda di popolazione italiana, si piegò a Ioanni o Giovanni ch'era voce più famigliare agli orecchi, e il nome intero si mutò com'adesso lo scriviamo.
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