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      Non rimaneva agli occupatori altro che Mazara e Mineo, disgiunte di tutta la lunghezza dell'isola, da sentieri difficili e popolazione ostile; e l'una tenea per non essere stata assalita giammai; l'altra, rôcca fortissima, era per soggiacere alla fame. Parea dunque assai vicino il termine della guerra nella state dell'ottocento ventinove, due anni dopo lo sbarco di Ased a Mazara(486).
     
     
     
      CAPITOLO IV.
     
      In questo tempo capitò nei mari di Sicilia un'armatetta spagnuola condotta da Asbagh-ibn-Wekîl, della tribù berbera di Howâra, soprannominato Ferghalûsc(487). Era gente di quella schiuma che la società musulmana di Spagna spandea ribollendo; e il caso ne faceva ladroni, eroi, martiri, conquistatori: come gli usciti di Cordova in Creta; come cento altre masnade che afflissero per un secolo e mezzo le costiere meridionali della Francia e dell'Italia di sopra, e fino i più rimoti recessi delle Alpi. Approdato Ashagh in Sicilia, e richiesto di soccorso da' Musulmani, par ne desse tanto da vettovagliare Mineo; e più ne promettea, senza far ciance, vedendo largo il campo ai guadagni. Forse giunse qualche altro aiuto d'Affrica, ove Ziadet-Allah avea spento alfine la ribellione di Tunis(488). Dalla parte de' Cristiani la guerra allenò. L'armata veneziana, venuta di nuovo in Sicilia l'anno ottocento ventinove, o quel d'appresso, niente premurosa di mettersi a sbaraglio per solo amor dello imperatore di Costantinopoli, se ne tornò, così dice un cronista nazionale, senza trionfo(489). Nè riportonne altrimenti il patrizio Teodoto da più d'un anno che bloccava Mineo; forse men travagliato dai nemici che dal proprio governo, dall'azienda confusa e dilapidata, dalla marea che saliva o calava a corte; tanto più che morto Michele il Balbo, d'ottobre dell'ottocento ventinove, gli era succeduto Teofilo, giovane d'animo dritto e valoroso, ma poco cervello; però capriccioso nel render giustizia, male avventurato nella guerra, crudele in casa; e spesso si gittò, come ogni altro, ad atti di perfidia, poichè il dispotismo è pendío da non potervisi trattenere il piè quando si vuole.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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