CAPITOLO V.
L'occupazione di Palermo fu vero principio a quella dell'isola. Fin qui i Musulmani non avean fatto stanza che in campo o entro piccole castella, chè tal era anco Mazara; per quattro anni le forze loro, ragunate di là dal mare in qualche boglimento di zelo religioso o di cupidigia, erano state poi rifornite a stento, e con più fatica traghettati gli aiuti nell'isola; tutti eran vivuti di rapina che si sperpera; avean guerreggiato sotto varii capi, senz'accordo nè disciplina. Ma la vasta e forte città, quasi vota d'abitatori, il fertile territorio e i contadini che il coltivavano, rimasi preda al primo occupante, allettarono la comune dei vincitori a soggiornare in Palermo; ammoniti altresì dalle sventure passate. I più veggenti doveano comprendere con ciò gli avvantaggi d'una colonia moderata da governo regolare; grossa di popolazione, da fornire uomini e materiali alla guerra; posta sì presso al cuor dell'isola, con un porto comodo e difendevole, ove le arti di costruzione navale non mancavano, o si poteano agevolmente ristorare.
Però da una parte si gittarono sul cadavere di Palermo le genti affricane e spagnuole dell'esercito; piatiron tra loro, dice Ibn-el-Athîr(507) e azzuffaronsi: senza dubbio, quando si venne al parteggio delle possessioni. Dall'altro canto Ziadet-Allah pose mano ad ordinare la colonia. Quantunque gli Spagnuoli potessero pretestare la sovranità del principe omeiade, prevaleva pur manifestamente in Sicilia il dritto della casa aghlabita per lo merito della intrapresa guerra, per la sede più vicina e le forze sue più considerevoli nell'esercito.
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