E non cessò di affliggere la Sicilia ogni anno, con saccheggi, cattività, arsioni di mèssi, rovine di edifizii, che i cronisti ripetono noiosamente, per lo più senza nominare i luoghi. Così l'anno dugento quaranta dell'egira (1 giugno 854 a 20 maggio 855); così quel d'appresso (21 maggio 855 a 8 maggio 856); nel quale dippiù leggiamo che Abbâs stette per tre mesi in uno altissimo monte, donde mandava scorridori ogni dì a battere il contado di Castrogiovanni, e torme di cavalli per ogni lato dell'isola. Da ciò è manifesto che si tratti dell'Artesino, il quale giace a tramontana di Castrogiovanni, discosto poco più d'otto miglia; l'Artesino dalla cui sommità vien visto grandissimo tratto della Sicilia come in carta geografica a rilievo: e di là poteva il fier capitano abbracciare con lo sguardo la configurazione del paese; notar le principali catene di montagne; affisare su questa e quell'altra vetta le fortezze non espugnate per anco, e giù le ubertose pianure ove fosse da far preda. Forse da quel sito, egli o altro condottiero, immaginò la divisione della Sicilia in tre valli, come poi si chiamarono, i cui limiti si intersecavano non lungi dallo Artesino. Il medesimo anno Abbâs mandava con l'armata un Ali suo fratello; il quale corseggiando raccolse anch'egli e menò in Palermo gran torma di schiavi. Poi la state del dugento quarantadue (9 maggio 856 a 28 aprile 857) Abbâs condusse in persona un esercito più forte dell'usato; espugnò cinque castella di cui non sappiamo altrimenti i nomi.
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