Sparso intanto il nunzio tra le popolazioni cristiane dell'isola, soggette o no ai Musulmani, le quali per trent'anni avean guardato alla rôcca di Castrogiovanni come a pegno di liberazione, alla prima n'ebber tale uno spavento che gli Arabi si affrettavano a scrivere avvilito e conculcato in quella stagione il politeismo di Sicilia. Ma succedendo allo sbigottimento sensi più generosi, venne fatto ai Siciliani di tirare a uno sforzo di guerra lo imperatore Michele terzo; involto com'egli era tra crapule, libidini, scempie buffonerie, raggiri di corte e gare di prelati. Della quale impresa tacciono i cronisti bizantini, preoccupati(572) al tutto di quelle brutture; e se ne troviam ricordo, è dato dagli Arabi: però, breve ed incerto. I preparamenti sembran degni di Michele l'Ubbriaco. Fatte venire le soldatesche di Cappadocia, com'io leggerei; gittate su trecento salandre; date a capitanare a un patrizio: che altro mancava a ripigliar la Sicilia? Posero a terra a Siracusa, nell'autunno del medesimo anno ottocentocinquantanove, o nella state del sessanta: e par che tosto movessero accompagnate dall'armata, verso la costiera settentrionale. Perchè Abbâs, al dire d'Ibn-el-Athîr, uscì di Palermo ad incontrare il nemico; lo combattè, lo ruppe, lo inseguì fino alle navi, gliene prese cento, fe' orribile macello degli uomini; e de' suoi perdè tre soli, uccisi di saette, aggiugne l'annalista(573), ricantando la stessa fola della vittoria sopra i Kharsianiti. Pur è notevole che tal vanto dei vincitori, certo argomento dell'altrui viltà, si dica in quelle due sole sconfitte di eserciti venuti d'oltremare; non mai nei combattimenti contro i Cristiani di Sicilia.
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