Dall'altro canto i Siciliani, avviliti dalle ubbíe monastiche e dal dispotismo, non ripugnaron troppo al nuovo giogo, assicurato che lor fu lo esercizio del culto, e, come credeano, il possedimento dei beni; nè si vollero mettere a sbaraglio per diletto di pagare il tributo all'imperatore di Costantinopoli, più tosto che ai Musulmani di Palermo. Dei principati, poi, nel cui nome si combattea, quel d'Affrica aiutò la colonia con lasciar fare: chè mite animo ebbero i primi successori di Ziadet-Allah, e lieti vedeano passare in Sicilia e in Italia gli uomini più turbolenti. Il Basso Impero al contrario facea troppo e troppo poco in Sicilia! e intanto mostrava al mondo infino a che assurdità, confusione e vergogna possa giugnere il despotismo. La devota imperatrice Teodora (842-854) lasciò all'Impero tre nuovi flagelli: la proscrizione degli eretici Pauliciani, che si tirò dietro guerre atrocissime; la ambizione di Barda fratello, e la mala educazione di Michele terzo, figliuolo di lei, soprannominato l'Ubbriaco. Il quale, cacciata di corte la madre (854), ruppe ogni freno di pudore; dièssi a vita brutale; buffoni e ribaldi in favore; scialacquato il danaro pubblico; trasandata o stoltamente e vilmente condotta la guerra contro i nemici che accerchiavano l'Impero; a vicenda insultato il culto cristiano, e sontuosamente edificate chiese; infine accesa con leggerezza la gran briga del patriarcato di Costantinopoli, che fu conteso tra Ignazio e Fozio, ossia tra le fazioni del papa e della corte (857). Donde se d'alcuna cosa è da maravigliare negli avvenimenti di Sicilia, non fia la impotenza, ma sì la pertinacia delle armi bizantine.
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