Radelchi, non potendo far altro, li lasciò padroni di Bari; se li tirò dietro; ed espilò i tesori delle chiese per pagar loro gli stipendii. Mandolli una volta con Orso suo figliuolo sopra il castel di Canne o di Canosa, chè dubbio è il nome(626); dove sopraggiuntili Siconolfo, li ruppe sì fieramente che pochi ne camparono. Khalfûn, crepatogli il cavallo nella fuga, salvossi a piè, a mala pena, entro Bari. Nondimeno, i Musulmani agevolmente riforniti di gente, prendean aspra vendetta; scorrean predando e guastando infino a Capua; e ardean la città, che fu rifabbricata di lì a pochi anni al ponte del Casilino, non lungi dall'antico sito(627).
Donde Siconolfo avvisandosi, dice Erchemperto, di spezzare con un mal conio il mal nodo dell'albero, chiamò contro gli Agareni libici di Radelchi gli Ismaeliti spagnuoli di Creta, capitanati da un Apolofar(628) che avea fermo le stanze a Taranto. Siconolfo li assoldò con espilar le chiese peggio che non avesse fatto Radelchi: le due generazioni di Musulmani a gara si godeano il denaro de' Cristiani amici e la roba dei nemici; e mandavano a vendere in lor paesi i prigioni d'ambo le parti. Tra loro non si sa che mai combattessero, o il fecero come i nostri condottieri del decimo quinto secolo. Nè anco si parla di loro alla giornata delle Forche Caudine, ove scontratisi l'ottocento quarantatrè i due rivali longobardi, Siconolfo sbaragliò i Beneventani con grandissima strage. L'aiutavano bensì i Cretesi nelle scorrerie ch'ei più vaste assai fece dopo questa vittoria; onde ridusse Radelchi alle due sole città di Siponto e Benevento(629).
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