Questa forse fu lealtà verso Radelchi che non amava a nimicarsi l'abate di Monte Cassino. Ma di giugno del quarantasette, squassata da' tremuoti tutta la provincia e fatta Isernia un mucchio di rovine, consigliando altri a Massar che usasse la occasione di saccheggiare quella città, rispose: "Il Signor del creato fa sentir quivi sua collera; e dovrò io aggravarla? No; non andrò!"(635) Egli o altro condottiero, questo medesimo anno, scorrea predando infino a Roma con Saraceni e Mori, come una cronica tedesca denota gli Arabi e i Berberi(636). Ma quelle triste masnade, quali che si fossero i capi, non distingueano amici e nemici, maltrattavano a Benevento anco i nobili; flagellavanli con le strisce di cuoio, dice Erchemperto, come vili schiavi(637).
Pertanto Radelchi avea a temere che i suoi un dì non lo abbandonassero: i popoli gridavano da ogni parte; i frati incalzavano; e i piccioli intenti politici di que' piccioli Stati mezzo independenti, che aveano mantenuto la guerra, ora portavano a cessarla perchè si uscisse di tanto strazio. Di più tornava comoda a tutti la divisione dell'antico Stato di Benevento; unico modo oramai di concordia: piaceva ai principi di Capua che si voleano spiccare da Salerno, e poco appresso il fecero; piaceva ai Napoletani che più non temeano dei Longobardi sì divisi, e pensavano a guardarsi dei Musulmani. La pratica della divisione fu condotta da Guido duca di Spoleto, francese, congiunto di Siconolfo; barattiere, dicono i cronisti, che trasse danaro a Radelchi e al cognato, ed entrambi li giuntò: ma certo trattava utilissim'opera.
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