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      Tali essendo le disposizioni degli animi verso il tempo che Carlo il Calvo prese la corona a Roma, si venne alle armi, com'e' pare, nella state del settantasei. Sia che qualche corsale musulmano, riparando nei porti di Napoli, Amalfi e Gaeta, fossene uscito a far ladronecci alla volta d'Ostia(792); sia che quelle repubbliche e il principato di Salerno avessero soltanto fermato la lega coi Musulmani, il papa con l'uno o l'altro pretesto volle far atto d'autorità, ingiungendo a quegli Stati di sciorre il patto: che tornava a dire disarmarsi, mentre egli da un lato e Basilio Macedone dall'altro si apprestavano a spogliarli. Risposero con aperti atti di ostilità. L'origine della guerra non si può comprendere in altro modo; poichè assurdo sarebbe a pensare che quegli Stati fossero entrati in lega sì pericolosa per mera cupidigia di preda. Assurdo alsì che l'avessero fatto per paura dei Musulmani, i quali appena bastavano a difendere sè stessi in Calabria, non che sforzare altrui, a mezza costiera dal Tirreno.
      Dalle querele del papa si ritrae ch'essi risalivano in barche il Tevere; indi a piè o a cavallo correano la odierna legazione di Velletri; osavano mostrarsi alcuna volta sotto le mura di Roma; varcato il Teverone, depredavano la Sabina. "Corron la terra come locuste, scrivea Giovanni, ed a narrare i guasti loro sarebbero mestieri tante lingue quante foglie hanno gli alberi di questi paesi. Le campagne son fatte deserti, albergo di belve; rovinate le chiese; uccisi o imprigionati i sacerdoti; menate in cattività le suore; abbandonate le ville e castella; rifuggiti i miseri abitatori a Roma; e sì la ingombrano, che i monasteri della città non bastano a nudrirli.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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