Quello di San Vincenzo in Volturno, così detto dal sito presso la scaturigine del fiume, in diocesi d'Isernia, fu assalito dai Musulmani, com'ei pare, l'ottocento ottantadue, mentre stanziavano tuttavia nel golfo di Napoli; e il saccheggiarono e arsero, con uccisione, dicesi, di parecchie centinaia di frati, i quali in parte morirono con le armi alla mano(829). Più lamentevole nei ricordi della civiltà il fato del monastero di Monte Cassino: celebre per la santità dello istitutore, l'antichità della fondazione, le sterminate ricchezze, l'autorità feudale che esercitò, la pietà, la prudenza, e, secondo i tempi, anco la dottrina dei frati suoi, ai quali si debbono croniche e biografie del medio evo, ed esemplari di molti scrittori dell'antichità. Al par che il monastero del Volturno, quel di Monte Cassino era stato più volte minacciato e taglieggiato nella prima guerra dei Musulmani. Venne adesso dal Garigliano la feroce masnada, che il disertò, l'anno ottocento ottantatrè, in due assalti; l'uno di settembre, l'altro di novembre: e furon arsi e rovinati gli edifizii, e scannato su l'altare lo abate Bertario, dicono le croniche del duodecimo secolo, ancorchè i contemporanei non ne facciano motto. Il monastero tosto rinacque dalle rovine; più splendido, più ricco, più orgoglioso; cinto di fortificazioni; sede di un abate feudatario o sovrano; capitale di uno Stato confinante col pontificio(830). Tra queste ed altre simili devastazioni passarono tre anni fino all'ottantacinque. Intanto, tornato il vescovo di Napoli e anco il principe di Salerno a richiedere i Musulmani, costoro, allettati dal bottino, dimenticavano le passate tradigioni: una schiera, seguendo Atanasio e Guaiferio, stette a campo all'anfiteatro di Capua.
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