Non placato perchè questi or lo venisse piaggiando(927), Asbesta diessi a lacerare il suo nome per tutta la città; a far brogli con vescovi e preti malcontenti; e s'aprì la via appo Fozio, primo scudiero dello imperatore, chiarissimo per sangue, ingegno e immensa dottrina, bel parlatore, uom di Stato e gradito al dotto Cesare Barda che reggea l'imperatore e l'impero. Il santo eunuco a questo, per ragguagliar le forze, gittatosi in braccio a papa Benedetto III, fece approvare da Roma la condannagione del vescovo di Siracusa(928); il che Fozio e Barda tennero come caso di maestà. La lite s'innasprì per offese private: alfine Ignazio era cacciato dalla sede; rifatto patriarca Fozio; consagrato dal vescovo di Siracusa (858), il quale si avvilì incalzando la persecuzione contro il nemico caduto. Non occorre aggiugnere che il papa e il nuovo patriarca vennero alle prese; che, per trovar pretesto a tanto furore di rivalità mondana, si disputò sulla processione dello Spirito Santo; che Fozio osò deporre il papa (867); che si discese anco ai pettegolezzi: lagnandosi Michele III che papa Niccolò I gli scrivesse in idioma barbarico e scitico, e volea dire il latino; e rimbeccandogli Niccolò ch'era da stolto a rinvilir sì quella lingua, e volersi chiamar tuttavia imperator dei Romani(929).
La fortuna subitamente voltò quando Basilio Macedone, per togliersi d'inutile briga (867), redintegrò Ignazio nella sede(930): e non mancarono allora cento vescovi, che, adunati in Concilio, condannavano i lor due fratelli, rei di perduta grazia del principe.
| |
Asbesta Fozio Stato Cesare Barda Benedetto III Roma Siracusa Fozio Barda Ignazio Fozio Siracusa Spirito Santo Fozio Michele III Niccolò I Niccolò Romani Basilio Macedone Ignazio Concilio
|