Basilio Macedone, verso l'ottocento settanta, il mandò a trattare il riscatto dei prigioni a Tefrica, città tra Cesarea e Trebisonda, tra l'Eufrate e il Mar Nero, la quale oggi s'appella corrottamente Divriki; allor era sede principale dei Pauliciani. Questo nome avea preso una setta che stranamente innestava alla semplicità della primitiva Chiesa cristiana, il dualismo dei Manichei: setta allignata in Armenia e altre province dell'Asia Minore; la quale, dopo varie vicende di persecuzione, poco mancò che non fosse sterminata alla ristorazione delle Immagini. Le soldatesche mandate allor da Teodora contro i Pauliciani, vantaronsi di centomila vittime uccise tra col ferro, il fuoco e gli annegamenti; ma gli avanzi del popolo proscritto disperatamente presero le armi; elessero condottieri; collegaronsi coi Musulmani: e in trent'anni di guerre si vendicarono con usura; sì infesti e ridottati nelle finitime provincie dell'impero, che Basilio Macedone esitò ad assalirli. Indi l'ambasceria di Pietro Siculo; il quale non piegò alla pace que' fieri ribelli, ma riebbe da loro i prigioni; scoprì una pratica loro coi Bulgari; ed or disputando coi dottori eretici, or confabulando con gli ortodossi che trovava qua e là, in nove mesi che soggiornò a Tefrica, raccolse i materiali di una storia di quella eresia; e la scrisse tantosto, e la dedicò al novello arcivescovo dei Bulgari. Lucidamente spiegovvi i sei punti principali di quella eresia; la origine, la trasformazione delle credenze; ritrasse con critica, ordinò, espose non senz'arte i fatti materiali nati da quegli errori di metafisica: la persecuzione, la ribellione, le guerre.
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