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      Ciò detto, potrò seguire fil filo la leggenda. Gli abitatori del Castel di Santa Maria, sbigottiti alle parole del fanciullo, traevano a lui; ed egli a riprendere i vizii, a raccomandare penitenza e carità, e che secondo il vangelo si gettasse al foco il tristo legno. Ond'altri meravigliava di tanta saviezza; ma gli stolti e la feccia della plebe voltavan le spalle, dice amaramente il biografo: e parmi naturale che i poveri non abbiano mostrato punto di zelo a difendere un ordine sociale sì iniquo. Il virtuoso giovanetto incontrò tra i primi le calamità che presagiva. Uscito a diporto dal castello, imbattevasi in una torma di cavalli musulmani; era preso; venduto a un cristiano, forse trafficante di tal merce; e imbarcato sopra un legno musulmano, con altri dugento venti schiavi. Navigando alla volta d'Affrica, liberolli un dromone greco uscito di Siracusa; e Giovanni, che avea predetto anche ciò, fu reso ai parenti. Perdè il padre dopo tre anni. Mentre lo agitavano sentimenti contrarii, la pietà della madre e la brama di peregrinare ad esaltazione della fede, il decreto divino si compì. Fatto prigione in più fiera scorreria dei nemici, fu comperato anco da un cristiano; menato in Affrica; e venduto ad un altro cristiano, ricco mercatante di cuoia; il quale, preso del bello aspetto, modestia e integrità del giovane, gli affidò il maneggio della casa sua.
      Lasceremo indietro un episodio tolto di peso dalla storia di Giuseppe il Giusto; non sapendo se pur vi sia di vero, vera usanza, dico, delle cittadine cristiane d'Affrica, Sicilia o Calabria in quel tempo, il rosso e il bianco(951) di che si liscia il volto, il ferro(952) con che s'arriccia i capelli la moglie del mercatante, ostinata a sedurre Giovanni.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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