Narrammo già(954) com'Elia tornasse nell'isola l'ottocento ottanta a riveder la madre; osservare le forze dei Musulmani; incoraggiare il popolo; ed esortare alla battaglia i capitani bizantini. Cammin facendo, avea con breve e dotto parlare(955) convertito parecchi Infedeli. Dopo lo sbarco di Nasar presso Palermo, il frate siciliano passava da Reggio o da Palermo a Taormina(956), dove dimorato pochi giorni prese seco un giovane di onesta famiglia, cui diè l'abito monastico e il nome di Daniele; e presagita la sconfitta del capitano Barsamio, navigava alla volta del Peloponneso. Il biografo ci narra tuttavia frequentissimi prodigii operati da Elia, e che, ciò non ostante, egli e Daniele, verso l'ottocento ottantuno(957) erano tenuti spie a Botranto; imprigionati da un Epinio governatore; e che, liberati per la morte del ribaldo, si proponeano di andare a Roma; ma vietato loro quel viaggio, sostavano a Corfù, albergati e onorati dal vescovo; e infine veniano a fondare un romitaggio nella valle delle Saline, tra il Capo dell'Armi e Pentidattolo in Calabria, a rimpetto di Taormina. Coteste vicende, come altrove il notai, non s'adattano al mero apostolato religioso; e par che Elia da una mano conducesse pratiche contro i Musulmani di Sicilia; dall'altra parteggiasse coi frati che non si acquetavano alla ristorazione di Fozio sul seggio patriarcale, sopratutto dopo la morte di Giovanni Ottavo (882). Elia mandò ad effetto il viaggio di Roma al tempo di Stefano Quinto (885-891), dopo alquanti anni passati in Calabria spargendo odore di santità con guarigioni; vaticinii di scorrerie dei Musulmani; comandare ai venti e alla pioggia; far miracoli anche per ischerzo; e sempre cattar favore nel popolo; costringere a riverenza i grandi.
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