Ma l'origine della leggenda è sospetta; e l'autore, facendo menzione di due fughe di Leoluca, alla venuta dei Vandali e poi dei Saraceni, non s'accorse del miracolo grandissimo che fabbricava(960).
Taccio di Santa Oliva palermitana, confinata dai parenti a Tunis; dannata a morire tra i tormenti; uscita fresca dall'olio bollente, intatta dal foco; uccisa alfine con la spada da Pagani, Vandali o Musulmani, non si sa: leggenda sì assurda da non meritare esame(961). Dello stesso conio parmi quella di Santa Venera da Gala, ricusante di andare a marito; e uccisa, per dispetto, dai fratelli pagani(962). Nondimeno il dotto gesuita autor della raccolta, non volendo lasciar fuori cotesti nomi sì popolari in Sicilia, e trovando troppo pochi santi nell'epoca musulmana, destramente vi allogò le due donzelle. Così arrivò a noverare una diecina di martiri canonizzati, compresovi San Procopio vescovo di Taormina; la eroica morte del quale è attestata da memorie genuine, e la narreremo nel seguente libro, insieme con lo eccidio di quella città.
Percorse le biografie che abbiamo esposto, e ricercando qual maniera di civiltà avanzasse nella Sicilia cristiana del nono secolo, si troverà la sola religione; e poi si scoprirà che l'era pianta parasita che ingombrava l'albero, gli toglieva i succhi vitali, e invece di quello germogliava. Dell'incivilimento risguarderem solo i due aspetti primarii; cioè la coltura dello intelletto e il legame morale della società. Nel primo aspetto si vede che gli studii ecclesiastici, ristorati nell'isola da San Gregorio, caduti a poco a poco, risorti nella lotta contro gli Iconoclasti, produceano, ultimi frutti, le prediche di Teofane Cerameo, i versi di San Giuseppe Innografo e di Sergio, gli scritti di Teodosio monaco(963) e di Pietro Siculo, la cultura onde si armava in sua vendetta Gregorio Asbesta, ed aiutavano alla ristorazione delle lettere nella capitale dell'Impero: ma niun laico s'incontra nella lista; nessuno studio profano.
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