(305) Codex Theodosianus, lib. XII, tit. XXXIII, XXXV. - Venticinque iugeri rispondono a un di presso a sei hectares di Francia, e a tre salme e mezza di Sicilia. Ma ricavandosi pochissimo dalla terra, si dovrà quella riguardare come picciola possessione.
(306) Veggansi le autorità citate da Gibbon e dai suoi commentatori Guizot e Milman, cap. II, note 46 a 61.
(307) Codex Justinianeus, lib. XI, tit. XLVII, legge 18. Questa legge è scritta in greco, e posta tra quelle d'Onorio e Teodosio, ma senza ripetervisi i nomi di questi imperatori; talchè la data rimane incerta, e si può supporre più recente. Dice che i contadini (geôrgoi) altri sono ascrittizii (enapographoi]), e i loro peculii appartengono ai padroni; altri, dopo trent'anni, divengono liberi coloni (misthôtoi eleutheroi) con la roba loro, e sono obbligati a pagar canone e lavorar la terra. E ciò, conchiude la legge, è più utile ed al signore e ai contadini. Una testimonianza sì diretta non ha bisogno di comento.
(308) Ducange, Glossarium mediæ et infimæ latinitatis, voce Colonus. Ai tempi di Teodosio si distingueano in originarii e inquilini, cioè i nati nel podere e gli avventizii. Sotto Giustiniano forse questa ultima classe di coloni si diceva ascrittizii: e talvolta son chiamati tributarii ed inquilini, talvolta rustici e coloni, Codex Theodosianus, lib. V, tit. X; lib. X, tit. XII; lib. XIII, tit. I.
(309) Codex Theodosianus, lib. V, tit. IX, X, XI; Valentiniani, Novellæ, nov. IX.
(310) Dei conduttori in Sicilia si fa menzione nel citato papiro del 444, Marini, I Papiri Diplomatici, n° LXXIII, e nella epistola di San Gregorio, lib.
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