Il Di Gregorio non ne volle altro per tradurre a dirittura quemdam ab Italia oriundum. Ma tale interpretazione non può accettarsi. Gli scrittori arabi chiamano ordinariamente gli Italiani Rûm, che vuol dire anche Bizantini, e talvolta ci danno il nome di Ankabard, talvolta di Franchi; confondendoci con le varie razze dei dominatori. Non parlano poi dell'Italia come parte dell'Alemagna altri scrittori che que' dei tempi di Federigo II imperatore, come appunto Abulfaragi, ovvero più moderni, come Abulfeda. Questi due, se non m'inganno, sono i soli autori arabi caduti in tale equivoco, che non si può supporre affatto in uno scrittore del X o XI secolo, come quello copiato da Nowairi. D'altronde è probabilissimo che v'abbia un errore nel MS.; sì chè vi leggerei Armeni, non Alemanni. I mercenarii di schiatta germanica non aveano cominciato per anco a venire a Costantinopoli. Per lo contrario gli Armeni erano frequentissimi nell'esercito bizantino. Infine l'ortografia che troviamo in Nowairi non sarebbe corretta se si trattasse di Alemanni; ma aggiugnendovi una r, lettera non legata nella scrittura arabica e perciò facile a sfuggire, si avrebbe il nome di Armeni.
Lo stesso errore si trova nei MSS. di Nowairi, là dov'ei dice venuto in Sicilia l'828 col patrizio Teodoto un esercito, la più parte, di Alemanni. Quivi è evidente che si debba leggere Armeni. Veggasi il cap. III del presente Libro.]
(410) Questo nome, mancando di vocali brevi in tutti i MSS. che ho veduto, ha le sole lettere B lât h. Credo non debba leggersi Platâh come han fatto M. Caussin e il Di Gregorio; poichè gli Arabi non comincian mai le sillabe con due consonanti, e al certo, volendo trascrivere Plata, avrebbero messo avanti una alef, dando alla voce la forma di Iblâtah.
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