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      La cronaca della Cava, nella edizione di Pratilli, Historia Principum Langobardorum, tomo IV, p. 391, reca la presa di Palermo l'anno 832; ma questa è manifestamente la notizia della Cronica di Cambridge interpolata dal Pratilli con quella misera frode che si può sospettare dalle sue proprie parole (stesso volume, p. 381), e che ormai è chiarita dopo le ricerche del Pertz e del Köpke, Archiv für ältere Teutsche Geschichts Kunde.
      (502) Johannes Diaconus, Chronica episcoporum Sanctæ Neapol. Eccl., presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte II, p. 313, dice presa la città, e liberato col vescovo Luca e pochi altri lo spatario Simeone. Par che questi fosse il governatore.
      (503) Ibn-el-Athîr, l. c., scrive che il governatore (sâheb) di Palermo chiese ed ottenne l'amân per la propria persona e della sua gente (ahl) e per la "sua" roba (mâl, ossia beni mobili). La vaga significazione della voce ahl che or s'intende della famiglia o gente di casa, or del popolo, non ci permette di definire questa prima condizione del patto. Ma aggiungendosi che il governatore e i suoi se ne andavano per mare, è da credere che si trattasse di pochi ottimati, non di tutti gli abitanti. Quanto alla seconda clausola, Ibn-el-Athîr dice assicurata la roba "sua," cioè del governatore, non la roba "loro," come avrebbe scritto se ciò fosse stato accordato a tutti i cittadini.
      Convengono così fatte espressioni con quelle di Giovanni Diacono, citato di sopra: Ad postremum vero capientes Panormitanam provinciam, cunctos ejus habitatores in captivitatem dederunt.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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