II, parte I, p. 24 e 25.
La menzione fatta delle harrâke dei Musulmani, e sopratutto d'una dei Bizantini, nei combattimenti di Sicilia, parmi che tronchi ormai la lite, mostrando come in varii tempi e luoghi si addimandarono così or navi da guerra, or barche da diporto o commercio. In simil guisa le "bombarde" dell'Italia meridionale ritengon oggi lo antico nome, ancorchè le si adoprino a traffico di cabotaggio e siano smesse nella guerra.
Procedendo nelle conghietture, io penso che gli Arabi abbiano costruito navi apposta, o almeno ingegni da incendiare, quando cominciarono ad appropriarsi quel che poteano delle scienze ed arti de' Greci. In questo particolare, come in parecchi altri, gli Arabi fallirono; e forse l'uso delle navi incendiarie fu abbandonato da loro, perchè non seppero mai costruire i dromoni veloci e forti come i Bizantini, e perchè fino al tempo delle Crociate non venne lor fatto giammai di scoprir la vera composizione del fuoco greco. Il nome che trovasi a Bagdad, come ho detto, nell'813, e in Sicilia nell'835, prova che il saggio fosse stato cominciato o continuato nei principii del IX secolo. E il tentativo fatto si può argomentare anco dai ricordi cristiani che abbiamo intorno il fuoco greco: cioè che recollo a Costantinopoli, verso la metà del settimo secolo, Callinico ingegnere di Siria, e che sendosi adoperato con felice successo contro i Musulmani nei due assedii di Costantinopoli, passò tra i segreti di Stato: e la corte spacciò che un angelo lo avesse insegnato a Costantino il Grande; che Iddio serbasse tremendi supplizii a chiunque lo rivelava; e che in fatti un traditore che volle darlo ai nemici fu divorato da fiamme scese dal cielo.
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