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      Nei tempi ordinarii lagemâ' era richiesta, in difetto dell'erario, di provvedere, per contribuzioni volontarie di danaro o d'opera, alla costruzione o restaurazione degli acquedotti, delle mura, delle moschee cattedrali e al sovvenimento dei viandanti poveri. La richiedeva il mohtesib; poteva obbligarla il solo principe, e nel sol caso che la città fosse piazza di confini, onde, cadute le mura o dispersa la popolazione, ne sarebbe tornato pericolo a tutto il reame. La obbligazione, sempre era collettiva, non individuale: dal che ognun vede essere stata lagemâ' corpo morale, e vero municipio. Alla ristorazione delle moschee minori provvedeano quei circoli o quartieri che le possedessero; e trascurandosi da loro cotesto dovere, il mohtesib era tenuto a farne memoria31. Ciò conferma il fatto che oltre il magistrato municipale della città ve n'era altri di quartiere o contrada32; istituzione necessaria nelle città musulmane, le quali, al par che le nostre del medio evo, eran divise in quartieri, abitati per lo più da nazioni o arti diverse.
      Cotesti ordini dall'Affrica passarono senza dubbio nella colonia siciliana; onde v'ha memoria della gemâ' di Palermo, costituita come le altre a modo aristocratico; e pronta a trapassare alla usurpazione dell'autorità politica33. La riputazione dei giuristi che notai trattando dell'Affrica, va supposta necessariamente in Palermo, ove fiorirono nei principii del decimo secolo gli studii di dritto, secondo la scuola di Malek34. Contuttociò non apparisce in Sicilia l'umor di parti di cittadini e nobiltà militare, ond'erasi agitata l'Affrica nei principii del nono secolo.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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