Dal dritto nomade volgendoci a quello delle popolazioni stanziali, è manifesto che il Corano e la Sunna riconoscano la piena proprietà delle terre coltivate, al medesimo titolo che la proprietà mobile. L'una e l'altra maniera di facoltà va soggetta ad unica tassa: dieci per cento su i prodotti del suolo, e due e mezzo su la quantità degli armenti, moneta e altri beni mobili; la quale gravezza, ragionandosi nel primo caso su la rendita e nel secondo sul capitale, viene a ragguaglio, o torna più lieve su le terre che su gli altri capitali38. Maometto, imitando così le decime giudaiche, ne mutò lo investimento; e con sublime idea chiamò questa tassa sedekât o vogliam dire offerte di schietto animo, e zekât39 che suona purificazione: purificazione, dir volle, della colpa che ha il ricco lasciando morir di fame i poveri e mancar le entrate allo Stato. In vero tassa di poveri è questa, non men che pubblica contribuzione; andando tripartita per legge tra lo erario, i parenti del Profeta e i bisognosi, fossero orfanelli, viandanti, o altri40. Le proprietà esistenti, rispettate così dallo islamismo, si trasmetteano, al par che i beni mobili, per vendita, donazione o successione.
Quanto ai nuovi acquisti, Maometto non parlò che del legittimo per eccellenza: dichiarò che chiunque renda alla vita una terra morta, così esprimeva il dissodare un suolo inculto o fabbricarvi sopra, ne divenga padrone assoluto; sì che nè il principe nè altri possa togliergli il podere, finch'ei lo coltivi41. Nei tempi appresso restaron dubbii, secondo le varie scuole, i limiti che potesse porre il principe a tal dritto di primo occupante; ma la sostanza del dritto non fu mai disputata; anzi si accordò la terra intorno il pozzo, a chi primo lo avesse scavato in terren deserto42.
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