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      Innanzi ogni altra opera pubblica, Ibrahim avea costruito una cittadella, centro di gravità della tirannide ch'ei macchinava: fortezza ove porre sua corte e ordinar novelli pretoriani per disfarsi degli antichi, i liberti di casa aghlabita, ridotti nel Castel Vecchio, stati fin allora padroni del popolo e del principe. Fece por mano a' lavori il dugento sessantatrè (23 settembre 876 a 11 settembre 877), in luogo discosto quattro miglia dal Kairewân e chiamato Rakkâda, "Sonnolenta" come suona appo noi103. Entro un anno, fornite le mura, innalzata una torre che addimandarono di Abu-'l-Feth104, Ibrahim inaugurolla con sanguinoso tradimento. Era avvenuto che i liberti del Castel Vecchio tumultuassero contro di lui per aver fatto morire un di lor gente: e allora, ito loro addosso per comando d'Ibrahim il popolo della capitale, i liberti, vedendosi sopraffatti, avean domandato e ottenuto perdono. Ma il dì che dovean toccar lo stipendio, Ibrahim li chiama alla torre di Abu-'l-Feth; li fa entrare a uno a uno; disarmare; incatenare: e diè mano ai supplizii; ch'altri morì sotto il bastone, altri condannato a perpetuo carcere in Kairewân; altri bandito in Sicilia105. In luogo dei liberti, comperò schiavi in grandissimo numero; prima negri, poi anco di schiatta slava: li vestì; li esercitò nelle armi; ne fece un grosso di stanziali, valorosi, induriti alle fatiche106; massa di bruti della zona torrida e del settentrione disumanati dal servaggio e di più dalla disciplina. Così passarono i primi sei anni del regno; lodevoli del resto a detta di tutti i cronisti, i quali tenean forse necessaria la carnificina di Abu-'l-Feth.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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