Abd-Allah, sapesse o no coteste pratiche, dovea combattere la guerra sacra, per dare sfogo agli agitati animi dei Musulmani di Sicilia, per soddisfare a sè stesso, alla opinione pubblica, al padre. Non tardò dunque a uscir di Palermo; cavalcò il contado di Taormina; svelse le vigne; molestò il presidio con avvisaglie; e come l'inverno s'innoltrava, sperando ridurre più agevolmente Catania, città in pianura, la assediò; ma indarno. Perlochè, tornato in Palermo a svernare, apparecchiò più poderosi armamenti, e, abbonacciata la stagione, fe' salpare il navilio a' venticinque marzo del novecento uno. Egli con l'esercito andò a porre il campo a Demona; piantò i mangani contro le mura; le battè per diciassette giorni; ma risaputo d'un grande sforzo di genti che i Bizantini adunavano in Calabria, lasciò stare il presidio di Demona buono a difendersi e non ad offendere; e volò con l'esercito a Messina. Par che l'armata vi fosse ita innanzi, e che la città si fosse di queto sottomessa. Abd-Allah passava immantinenti lo stretto. Trovata l'oste sotto le mura di Reggio, un'accozzaglia dei presidii bizantini dell'Italia meridionale e di Calabresi che li abborrivano, i Musulmani la sbaragliaron col solo terrore, dice Giovanni Diacono. Mentre i fuggenti correano da ogni banda per la campagna, Abd-Allah irruppe senza ostacolo in città il dieci giugno. Le feroci genti sue cominciarono una strage indistinta: poi l'avarizia consigliò di far prigioni; che ne ragunarono diciassettemila, tra i quali fu tratto in carcere, come scrive Giovanni, il venerando vescovo dal crin bianco e dalla faccia colorita, spirante dolcezza.
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