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      Ed ora cavalcando alla testa dell'esercito vittorioso, vedea le altre nazioni berbere sottomettersi di queto o sgombrargli il passo; giugnea a Segelmessa; rompea le genti d'Eliseo, uscite a combatterlo; ed occupava la città. Ansiosamente corre alla prigione di Obeid-Allah, coi capi kotamii; i quali, a vederlo salvo, proruppero in lagrime di gioia. Lo condussero al campo (20 agosto 909) con riverenza che puzzava d'adorazione: Obeid-Allah e il figliuolo soli à cavallo, ogni altro a piè; e primo lo Sciita, che andava gridando "Ecco il mio e il vostro Signore!" Si rinnovò tal rito a Rakkâda (gennaio 910), quand'ei fe' la entrata trionfale coll'esercito; uscitogli all'incontro il popolo di Kairewân co' soliti plausi; nè mancarono poeti che lo rassomigliassero alla divinità. Prese titolo di Comandator dei credenti e soprannome di Mehdi, ch'è a dire "Guidato da Dio;" e così fu ricordato ogni venerdì nella khotba. Oltre lo stato di Segelmessa, lo Sciita gli avea conquistato poc'anzi quel di Taiort, independente dagli Aghlabiti: onde l'impero Fatemita fin dal principio si estese a tutta l'Affrica settentrionale, eccetto le estreme province di ponente, tenute dagli Edrisiti257.
      Fornite le cerimonie, il Mehdi diè opera a fabbricar le fondamenta del nuovo impero. Alla tolleranza religiosa d'Abu-Abd-Allah era già succeduto il fanatismo del fratello preposto all'Affrica propria durante la guerra di Segelmessa; il quale perseguitò molti ortodossi. Ed or il Mehdi faceva osservare più rigorosamente le pratiche sciite nei punti di disciplina ecclesiastica o diritto civile in che differivano dalle sunnite: le parole mutate nell'appello; un digiuno sostituito a una preghiera; maledire i compagni del Profeta fuorchè Ali; permettere altre forme di divorzio; dar più larga parte alle figliuole nei retaggi; e somiglianti novazioni, qual ridicola e qual seria, odiosissime tutte agli Arabi d'Affrica258. Con peggior consiglio ei tentò d'incorporar lo Stato alla setta.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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