Il contado della metropoli fu sì fattamente infestato, che uno storico mordace scrivea quindici anni appresso, aver tenuto mezza città di Roma i Romani e mezza gli Affricani345.
Tra tanta calamità, appresentossi a Giovanni decimo un Musulmano, disertore per ingiurie avute da' suoi; il quale si vantò di rintuzzarli, sol che il papa gli desse una man di forti giovani, armati di targa, brando, giavellotto, cinti di legger saio, provveduti d'un po' di cibo: alla quale descrizione si ravvisa la milizia degli almugaveri Catalani, sì famosi nelle guerre del vespro siciliano346. Giovanni decimo gli diè una sessantina d'uomini; coi quali il disertore, appostati gli antichi compagni, li svaligiò in uno stretto passo. Indi i Romani a rincorarsi; ad uscire alla campagna; a combattere con avvantaggio la guerra spicciolata347. Un Akiprando di Rieti fece oste, con altri longobardi e gente della Sabina, contro i Saraceni afforzati nelle ruine di Trevi348: e li vinse e passò a fil di spade. Da un'altra banda i terrazzani di Nepi e di Sutri felicemente combatteano gli Infedeli a campo Baccani. Dopo le quali sconfitte, le schiere musulmane di Narni e di Ciculi si ritrassero al Garigliano349.
Perchè il papa e Landolfo, accorgendosi ch'era niente superare il nemico qua e là, se non lo si estirpava da' suoi ridotti, in men di due anni aveano mandato ad effetto un abbozzo di crociata. Ristorarono e allargarono la lega del novecento dieci: il papa vi trasse la imperatrice Zoe, Alberico duca di Camerino, Berengario duca dei Friuli che avea da tanti anni il titolo ed or quasi la potenza di re d'Italia.
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