Berengario, aiutato di danari dal papa, veniva a Roma in su la fine del novecentoquindici: tra, plausi che non fu uopo di comperare si cingea la corona imperiale. Alla nuova stagione, congiunti per la prima ed ultima volta a ben dell'Italia, il papa e l'imperatore marciarono al Garigliano. Li seguian le milizie dei ducati di Camerino e Spoleto. Landolfo andò al ritrovo con le genti del principato di Capua e Benevento. L'impero bizantino diè valido aiuto: l'armata, grosse schiere di Pugliesi e Calabresi, e la greca astuzia dello stratego Niccolò Picingli; il quale trasse alla lega il principe di Salerno, e quel che più era, Napoli e Gaeta, lusingando i due duchi col titolo di patrizii, e minacciando di opprimerli se favorissero tuttavia gli Infedeli.
Del mese di giugno il navilio greco saliva su pel Garigliano; il papa in persona e i collegati italiani stringeano dagli altri lati; davansi fieri assalti, nei quali Alberico e Landolfo meritarono lode di valorosi. Sforzati nei ripari, i Musulmani si rifuggirono alle alture del monte; dove il cerchio delle armi cristiane più stretto li rinserrò. I Bizantini innalzarono un castello a piè della costa ripida donde gli assediati soleano far le sortite per procacciar vettovaglia. Dopo tre mesi, perduta assai gente negli scontri; pressati dalla fame; per segreto consiglio, come si sparse, dei duchi di Napoli e di Gaeta, i Musulmani poser fuoco agli alloggiamenti, e nel trambusto chi potè cercò scampo nei boschi d'intorno, ove i Cristiani dando loro la caccia, tutti li uccisero o fecer prigioni.
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