Gli ultimi proseliti par che oggidģ rimangano gente industre e tranquilla, nell'isola delle Gerbe; ove al certo fecero gran parte della popolazione e corpo politico dassč, infino al decimoquarto e al decimoquinto secolo452. La setta prese subito augumento, nei principii del decimo secolo, alla esaltazione dei Fatemiti; quando si vide per prova la efficacia di coteste trame nella schiatta berbera, e quando la servile superstizione ismaeliana insultņ e provocņ i liberi spiriti dei Kharegi. Surse allora nel Gerīd tunisino, o vogliam dire regione meridionale dell'odierno Stato di Tunis, un Abu-Iezid-Mokhalled-ibn-Keidād della tribł d'Ifren e nazione di Zenata; uom povero, piccino, zoppo, deforme in volto, ma di grande intelletto e animo da bastare a qualunque impresa; il quale, noiato di stentar la vita insegnando il Corano ai giovanetti, si mescolņ coi dottori nakkariti che volean fare e non sapeano; divenne dei principali della setta; osņ allargarla e mutarla in cospirazione. A capo d'una ventina d'anni d'affaticamento e persecuzioni, imprigionato dal governatore di Tauzer, liberato da' suoi per audace colpo di mano, si rifuggiva all'altra estremitą dell'impero fatemita, tra i monti Aurčs; dove accozzatisi con esso altri rami di sčtte kharegite ed alcune tribł della nazione di Howāra, l'anno trecentrentuno (942-43) si deliberņ la ribellione: che Abu-Iezīd ne fosse capo, e che, cacciati i Fatemiti, l'Affrica si reggesse a repubblica. Abu-Iezīd s'intitolņ democraticamente Sceikh dei Credenti; si mostrņ alla testa degli eserciti, vestito d'un rozzo saio di lana; montato sur un asinello balzano; onde gli dissero "Il cavalier del ciuco.
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