Segnalossi tra i discepoli di Sehnūn, per dottrina e austera integritą, un Abu-'Amr-Meimūn-ibn-'Amr, il quale dič alla Sicilia bell'esempio delle virtł di magistrato. Promosso a cadi dell'isola, da delegato ch'egli era al tribunale dei soprusi di Kairewān, andando a Susa per imbarcarsi, Meimūn si volse alla gente che gli dava il buon viaggio. "Cittadini," lor disse, "ecco la giubba e il mantello che ho indosso; ecco lo zaino coi miei libri, e cotesta schiava negra che mi fa i servigi di casa, con una giubba e un mantello nč pił nč manco di me: ponete ben mente, e vedrete in che arnese tornerņ di Sicilia." Giunto in Palermo, come poi narrņ il siciliano Sa'īd-ibn-Othman, e condotto alla casa dei cadi, Meimūn quando la vide, ricusņ d'entrarvi, dicendo non saper come acconciarsi in sģ gran palagio; e volle albergare in una picciola casetta. Dove, senza aguzzini nč uscieri, quando alcun picchiava alla porta, correa la negra ad aprire, rispondeva: "or ora parlerete al cadi;" e chiamatolo, se ne tornava a filare per vendere il refe e supplire allo scarso mantenimento del padrone. Il qual magistrato non č a dire se fosse caro a tutta la cittą. Poi si ammalņ. Non vedendolo uscir di casa da tre dģ, gli amici, andati a visitarlo, lo trovarono giacente, in vece di tappeto, sopra una stuoia di papiro, manifattura indigena497, appoggiando il capo su due cuscini imbottiti di fieno. Piangendo lor disse avere atteso all'oficio, che n'era testimone Iddio, finchč gli eran bastate le forze; nč li avrebbe abbandonati giammai se non fosse stato per quella incurabile infermitą che si sentiva.
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