Percorrendo il Riâdh-en-Nofûs, si veggono comparire successivamente tra i Musulmani d'Affrica tre tipi di perfezione morale: nel settimo e ottavo secolo, il guerriero del conquisto, ambizioso di martirio; nel nono secolo il giureconsulto che impavido affronta tiranni e plebi; nel decimo il mote'abbed, uom di santa vita diremmo noi, che si macera d'astinenza, si stempra in lagrime, passa dì e notte pregando e ruminando fatti soprannaturali, e di rado avvien che si levi di ginocchioni, per vedere se i concittadini sian vivi o morti. Pur i bacchettoni penaron lungo tempo a ragguagliar la devozione musulmana a quella dell'impero bizantino, spogliandola della virtù guerriera e della carità spirate da Maometto.
Ce ne dà esempio Mofarreg, il primo santone siciliano che si presenti nel Riâdh, il quale, se consumò il rimanente della vita in sterile penitenza, avea sparso prima (882?) il sangue per la patria517. Abu-Hasan il setaiolo, autor di questo aneddoto d'agiografia, raccontava anco i travagli di Abu-Ali, oriundo di Tanger, nato o stanziato in Sicilia, ch'ei conobbe di persona e passò la vita tra indefesse austerità; lontano dalle cure mondane; assorto tutto nella preghiera. Cui soleva comparire il demonio, in sembiante d'uomo, scongiurandolo per Dio di smetter sua dura penitenza, "con la quale," aggiugneva il maligno spirito, "non ti avverrà mai di sentir pace nell'animo." Ed Abu-Ali a rispondergli: "Via di qui, Tentatore; se Dio m'aiuti, continuerò a tuo dispetto." Ma coltolo un dì che dormiva sur una panca, Satan gli diè una voltolata; onde cadendo a terra si spezzò la fronte; ed enfiatagli la piaga, e prendendogli tutta la faccia, que' tornava a susurrargli: "Smetti, e d'un subito ti guarirò." Finchè, ostinandosi il devoto a respingerlo e a dirgli che amava meglio morire, il demonio lo abbandonò al suo fato, che non tardò guari a compiersi518. Di questo Abu-Hasan setaiolo, rimase un ricordo biografico scritto da Abu-Soleiman-Rebî'-Kattan519, erudito affricano che soleva andare a visitarlo in casa presso la moschea d'Abu-Zarmuna, credo a Kairewân, ov'ei gli narrava quei fatti de' devoti di Sicilia.
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