Pur la cagione principale fu che i Siciliani voleano. Raro avvien che rimangano frustrati i popoli quando fermamente si propongano e tenacemente procaccino di scuotere il giogo: che se una generazione fallisca, per colpa propria o fortezza del nemico, un'altra coglierà il nemico sprovveduto e avvolto in alcuna delle brighe che non mancano mai agli oppressori; e vincerà, forse senza combattere. Il sangue sparso per sessant'anni, fruttò alla Sicilia che nel novecenquarantotto, col romor d'un tumulto, riebbe l'emir generale; e nel novecensettanta, con breve guerra, si sciolse dall'arbitrio del califo nelle elezioni: che è a dire salì al sommo grado di libertà d'un popolo musulmano. E prima vi sarebbe giunta la colonia, se non fosse stato per le divisioni etniche, municipali e sociali, che sempre la dilaniarono.
CAPITOLO II.
Fin dalla morte del Mehdi, o vogliam dire dalla rivolta di Girgenti, l'impero bizantino non soddisfaceva il tributo di Calabria538; le città assicurate di Sicilia lo avean anco smesso negli ultimi tempi. Ma, risaputo come Hasan dava sesto alla cosa pubblica, venne tosto in Palermo un frate a recare i decorsi di tre anni da parte di qualche città539. Altre di Sicilia o di Calabria che nol fecero, furon punite dal novello emiro con aspre correrie; onde chiesero aiuti a Costantinopoli540. Dove rimase inaspettatamente padrone il Porfirogenito, gli parve indegno della maestà imperiale pagar quel tributo ai Barbari. Sforzandosi, quanto il poteva un picciolo ingegno ed una natura inerte, a ristorare gli ordini della civiltà romana ch'egli avea studiato su i libri ed affastellato in sue compilazioni, Costantino Porfirogenito non lasciò da canto l'amministrazione militare, nè la disciplina; di che tornò qualche frutto all'impero, ed egli molto più se ne prometteva.
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