Mentre Niceta guazzava per trecento miglia di costiere col grosso del navilio, Manuele Foca s'avviluppò col grosso de' cavalli tra i precipizii dei monti Nettunii, per dare aiuto a Rametta. La quale, a guardarla in su la carta, è vicina a nove miglia a Messina603; ma vi si frappone erto il Dinnamare, che guarda entrambe le acque del Ionio e del Tirreno e dalla cima sovrasta a quelle per tremila trecento piedi. Pertanto chi cavalchi da Messina a Rametta, dèe prender lungo giro intorno la montagna per settentrione e ponente infino a Spadafora, o per mezzogiorno infino a Mili, e risalir dall'una o dall'altra per le convalli; delle quali strade la prima corre ventiquattro miglia, l'altra più di trenta. Sboccano in una pianura ritonda di tre o quattro miglia di diametro; in mezzo alla quale spiccasi in alto una collina o piuttosto immane masso, che vi si poggia per un sol viottolo aspro e faticoso di mezzo miglio; e la cima disuguale è tutta coronata di mura. Quest'è Rametta. Il piano d'intorno sembra l'arena di un circo apparecchiato ad eserciti per duellare a ultimo sangue. Gli fan chiostra scoscese e spaventevoli coste, fendendosi quanto basti ad aprir la via per settentrione a Spadafora, per mezzogiorno a Mili; e un'altra gola verso ponente conduce a Monforte. Dal lato orientale taglia la pianura un burrone tirato quasi a filo per parecchie miglia da mezzodì a tramontana: profondo squarcio di terreno siliceo, targo, precipitoso; e all'imo fondo è talvolta stagliato come fosso di fortezza, che non dà via a calarvi.
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