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      Tanto più che Moezz ebbe con un ambasciatore bizantino quella famigliarità che sovente nasce tra svegliati ingegni. Costui chiamossi Niccolò, mandatogli più volte da Costantinopoli a Mehdia ed al Cairo643; forse il medesimo che stipulò la detta pace del novecensessantasette, recati a Moezz splendidi doni di Niceforo, e avutone per riscatto o in cortesia l'eunuco Niceta644. L'ambasciatore, sostato per viaggio in Sicilia, andava misurando la possanza fatemita: accolto onorevolmente dal governatore dell'isola, e notato il bell'aspetto dell'esercito; viste poscia a Susa le grosse schiere che v'erano apparecchiate. Ma a Mehdia il greco si facea strada a stento nella calca dei soldati, famigliari e cortigiani, finchè, entrato nella reggia, uno splendore lo abbagliò: e condotto a Moezz che sedea maestosamente sul trono, gli parve proprio il Creatore del mondo, non uomo mortale; che se si fosse vantato di salir su in cielo gli avrebbe risposto: "è incredibile, ma tu lo farai." Tanto si dice che confessasse Niccolò, pochi anni dopo, al principe medesimo, il quale, chiamatolo in segreto nella reggia del Cairo, gli avea domandato: "Ti sovviene del tal dì ch'io ti prediceva in Mehdia saresti venuto a salutarmi re in Egitto?" - "È vero," rispose; e Moezz: "Ci ritroveremo adesso a Bagdad; tu ambasciatore, ed io califo." Ma il Greco stiè zitto; e, sforzato da Moezz, gli fe' quel racconto della luce sfolgorante di Mehdia e che adesso vedea negra di tenebre la capitale, e ammorzata nella sua faccia quella terribile maestà; donde giudicava rovesciata e sinistra la fortuna.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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