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      Se mai nell'antichità le lagune bagnarono tutti i fianchi della città, erano rattratte nel decimo secolo al tronco e ai due bacini; di che resta, dopo novecent'anni, il sol tronco detto la Cala700. Perchè scrive Ibn-Haukal che parecchi grossi rivi, ciascuno da far girare due macine, frastagliavano tutto il terreno tra il Cassaro e li Schiavoni; e dove offrian comodo ai mulini, dove si spandeano in laghetti, dove facean paduli che vi crescea la canna persiana o vi si coltivavan piante d'ortaggio701. «Tra così fatti luoghi, ei dice, è una fondura coperta del papiro da scrivere, ch'io pensai non venisse altrove che in Egitto, ma qui ne fabbricano cordame per le navi e quel po' di fogli che occorrono al sultano.» E però non sembra inverosimile che sia di Sicilia, anzi che d'Egitto, il gran papiro con lettere arabiche a mo' di marchio di manifattura, sul quale è scritta una bolla di Giovanni ottavo a pro dell'abbadia di Tournus in Francia, data il primo anno di Carlo il Calvo imperatore (875) e serbata nella Biblioteca di Parigi702. La pianta egiziana ministra dell'antico sapere, recata forse dai Greci a Siracusa e dagli Arabi in Palermo, crebbevi oziosa fino al secol decimo sesto, quando, prosciugato lo stagno, gli rimase il nome e si chiama anch'oggi il Papireto.
      Invece di paduli ed umili culture, la campagna di levante lussureggiava d'orti e giardini da diletto su le sponde dell'Oreto, che s'addimandava Wed-Abbâs, e così infino ai tempi normanni e svevi703; ma oggi ha ripigliato il nome classico.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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