Abd-Allah campava a mala pena con pochi seguaci. Seguì questa battaglia nella primavera o nella state del millequaranta950.
Poi s'intese nel campo un bisbiglio che mosse forse a riso i soldati. La compagnia normanna ubbidiva ad Ardoino lombardo, valvassoro dell'arcivescovo di Milano, nobil uomo951, grande d'intelletto e di cuore; il quale soggiornando poc'anzi in Puglia, vedendo la gente che parlava il suo medesimo linguaggio calpestata e mal soffrente il giogo e trovandosi allato milizia sì valorosa, tra carità ed ambizione, andava meditando novità contro i Bizantini aborriti e spregiati952. Al par di lui amava i Bizantini la compagnia, la quale in questa guerra era stata lodata sempre in parole da Maniace e messa innanzi nei pericoli, ma lasciata addietro nei guiderdoni. Fattole torto nello spartir la preda dopo la battaglia di Traina, Ardoino andò a querelarsene appo il capitano, con aspre parole; e quegli che nulla soffriva nè temeva al mondo, risposegli con brutali fatti: comandò di spogliarlo ignudo e frustarlo per gli alloggiamenti con corregge di cuoio. Patì l'ignominia Ardoino; tornossene alle stanze della compagnia; e rattenne chi volea sciupar la vendetta pigliando l'arme immantinenti contro tutta l'oste greca. Al contrario, s'infinge rassegnato, ma ch'ei non può rimanere nello esercito dopo tal onta; e così impetra da un segretario di Maniace la licenza di tornarsi, egli solo in Terraferma. Avuto in mano lo scritto, cavalca con tutta la gente; fa diligenza nel cammino; arriva a Messina; passa lo Stretto, mostrando l'ordine di Maniace;, va a trovare gli altri condottieri normanni ch'erano rimasi in Terraferma; grida libertà ai popoli; e attacca il fuoco ch'arse come stoppie la dominazione bizantina in Italia953.
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