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      Appunto come cotesti, sembrano vescovi in partibus quel di Catania e l'Arcivescovo di Sicilia, dei quali abbiamo le soscrizioni in carte del decimo e dell'undecimo secolo994. Al contrario par abbia esercitata, quando che fosse, la dignità vescovile quel Leone che poi soggiornò in Calabria e venne in Sicilia (925) da statico995. Esercitolla per fermo Nicodemo che i Normanni (1072) trovarono arcivescovo in Palermo996. Egli è verosimile che nel decimo secolo, rimaso in tutta la Sicilia un sol vescovo, abbia mutato e titolo997 e sede, ponendosi nella capitale allato alla corte degli emiri per mantenere più efficacemente i dritti spirituali e temporali del povero suo gregge; come il patriarca giacobita d'Alessandria e il primate nestoriano di Seleucia s'eran tramutati, l'uno al Cairo, l'altro a Bagdad. Palermo fatta capitale dai Musulmani, lor debbe dunque, strana vicenda della sorte, la dignità di chiesa metropolitana; la quale non fu conceduta da Roma, nol sembra da Costantinopoli; e niuno la sognava innanzi il decimo secolo, ma alla metà dell'undecimo niuno la mise in forse. È chiaro che la assunse l'eletto dei Fedeli confermato dagli emiri: pastor d'una provincia che avea avuto sedici diocesi tra vescovili e arcivescovili, e d'una città ch'era seconda solo a Costantinopoli e Bagdad.
      Passando al clero inferiore, basterà dir che i monasteri nei quali tutto si racchiudea, sì fiorenti dopo san Gregorio, ormai sembrano poco men che distrutti. Quel di San Filippo d'Argira, di regola basiliana, scomparisce verso il novecensessanta, quando le colonie musulmane trapassavano in Valdemone998. I Normanni trovano in Val di Mazara il monastero di Santa Maria a Vicari, pregante per la vittoria dei Cristiani, possedente un po' di servi, bestiame e terreni, ma negletto ed oscuro999. Trovano molte ruine di monasteri in Valdemone1000, e di due soli abbiam certezza che rimanessero in piè: quel di Sant'Angelo di Lisico, presso Brolo, i cui frati s'affrettavano a far confermar dal conte Ruggiero la proprietà dei monti, colline, acque; terreni e mobili che diceano aver tenuto sotto gli empii Saraceni1001; e quel di San Filippo in Demona, un frate del quale, vivuto fino al millecento e cinque, affermava aver patito nel santo luogo gli oltraggi degli Infedeli1002. Poco o nulla s'è perduto dei documenti di tal fatta, gelosamente custoditi e rinnovati dall'ecclesiastica prudenza: donde si può argomentare che alla metà dell'undecimo secolo, appena rimanesse una mezza dozzina di monasteri con frati e di che vivere.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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