Nè era comando di legge, nè effetto di costumanza generale dei Musulmani, sotto il cui dominio durarono e durano tante sedi vescovili e grossi monasteri in Egitto, in Siria, nelle regioni tra l'Eufrate e il Tigri. Ma le ondate di Arabi che irruppero in Occidente sembran più cupide e quelle popolazioni cristiane men tenaci nella fede e disciplina ecclesiastica; e il monachismo, pianta esotica appo noi, non resse alle intemperie sì come in Oriente. A coteste tre cagioni unite mi par da apporre il subito decadimento del Cristianesimo in Sicilia, al par che in Affrica e Spagna, direi quasi al primo tocco dell'islam. Presi i beni ecclesiastici e sconfortato il clero, menomarono le sedi vescovili, crebbe l'erba nei conventi; e la credenza delle popolazioni, non riscaldata dalla voce del sacerdozio nè dalla assiduità del culto, calò a poco a poco. Ma è mestieri pur che quella massa per propria natura mal ritenesse il calore; poichè lo zelo dei Fedeli, chierici e laici, avrebbe alla sua volta vivificata la gerarchia a dispetto dei governanti e della povertà, come, per esempio, avvenne in Siria, appo i Maroniti.
Il fervore religioso non si ridestò nell'ultima lotta delle popolazioni cristiane di Sicilia (913-964), quando la povertà e i pericoli allettavan poco i dignitarii ecclesiastici a tornar dalla Calabria1003; e il popolo, venuto alle prese con la morte, chiedea miracoli troppo biblici. Pertanto la riputazione di santità tornò tutta ai romiti profetizzanti, clero rivoluzionario da non sbigottir tra quelle tempeste.
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