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      Fatto per via un miracoluccio a Terracina, e da Roma tornato addietro ad un romitaggio presso Sanseverina di Calabria, San Vitale ripassò in Sicilia, visse d'erbe salvatiche ben dodici anni nelle solitudini dell'Etna, in faccia dell'antico suo chiostro. Ripigliato alfine il cammin della Terraferma, mutò stanza otto o nove fiate tra Calabria e Basilicata; s'abboccò ad Armento con San Luca di Demona che levava grido in quelle parti; e fatto venir di Sicilia un suo nipote per nome Elia, fondò un monastero presso Rapolla, ove morì, come credesi, il nove marzo novecentonovantaquattro. Dei molti prodigii che gli si appongono in vita e in morte, è da notar quello del monastero di Sant'Adriano, dove piombati i Musulmani di Sicilia, i frati fuggirono, fuorchè San Vitale; cui fattosi incontro un Saraceno dispettoso del non aver trovato danari nè bestiame, e tirato a tagliargli la testa, Vitale fe' il segno della croce; una folgore strappò la scimitarra di mano al barbaro e lo atterrò semivivo; se non che il Santo lo facea rinvenire. Trent'anni dopo morte, il corpo di San Vitale fu rubato ai monaci di Rapolla da quei di Turi1005, il cui vescovo recosselo in città come palladio contro gli immondi Agareni di Sicilia che tornavano a dare il guasto alla Basilicata. Di cotest'agiografia, scritta da un Greco contemporaneo, abbiam la sola versione latina che ne fece fare alla fin del duodecimo secolo Roberto vescovo di Tricarico; nella quale la critica può sol rigettare i fatti che trapassano gli ordini della natura1006.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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